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Itaca Blog
29 Maggio 2025

Salute mentale: quale futuro nei luoghi di lavoro?

Il Primo Maggio, la cosiddetta Festa dei Lavoratori, è appena passato, ma l’importanza della salute mentale rimane e passa anche per il lavoro. Viviamo un’epoca in cui i cambiamenti, di qualsiasi tipo, sono repentini e costanti e il mondo del lavoro non ne è rimasto immune, tant’è che alcune concezioni riguardanti il lavoro si sono inevitabilmente trasformate rispetto a qualche anno fa.

Il tempo passato a lavoro e quello trascorso fuori sono diventati intimamente connessi, con la triste conseguenza che i lavoratori portano a casa i pensieri derivanti dall’impiego e, viceversa, le difficoltà personali sul posto
Oggi, quindi, il posto di lavoro non è più quel luogo dove tutto il resto non conta e si lavora soltanto, bensì una componente importante della nostra vita, determinante per la felicità, la soddisfazione e la salute. Il punto cardine di questo discorso è che le persone pensano a sé stesse come totalità psico-fisica e la priorità consiste nel miglioramento del proprio benessere in maniera olistica, complessiva.

Alcuni numeri per comprendere la questione:

  • l’83,4% dei dipendenti ritiene una priorità che il proprio lavoro contribuisca al benessere complessivo (fisico, mentale e psicologico), e si tratta inoltre di un dato trasversale che coinvolge sia i dirigenti che gli impiegati,
    • il 63,5% degli intervistati, è convinto che l’azienda potrebbe fare molto di più per migliorare il benessere dei propri lavoratori: un esempio concreto potrebbe essere il facilitare l’accesso a servizi di assistenza psicologica,
    • il 25% dei lavoratori ha vissuto spesso situazioni di stress o ansia legate al lavoro, mentre il 48% afferma che questo accade occasionalmente,
    • il 25,7 % dei dipendenti si porta a lavoro i problemi privati, generando ripercussioni negative sulle proprie mansioni; viceversa, il 36,1% dichiara che le problematiche lavorative intaccano negativamente anche le relazioni personali e familiari.
    Questa fusione tra i due ambiti definisce la cosiddetta “sindrome da corridoio”, dove i confini tra vita privata e lavoro non sono più così netti ma sfumati,
  • per il 92,2% è importante riuscire a bilanciare vita privata e lavoro, e per l’87,6% sentirsi valorizzati sul lavoro è importante per la propria salute mentale.

Non mancano poi segnali di disagio e disorientamento: un dato allarmante rivela che al 41,8% dei dipendenti è capitato, in presenza di problemi di salute o disagio, di non sapere a chi rivolgersi, evidenziando un certo grado di smarrimento. A complicare il quadro si aggiungono le preoccupazioni dei lavoratori sullo stato del welfare, soprattutto rispetto al futuro: con il passare degli anni, infatti, abbiamo assistito ad un progressivo peggioramento dei servizi offerti e, di conseguenza, la maggior parte dei lavoratori è ormai convinta di non poter più fare affidamento sulle coperture sociali di un tempo. Inserita in questo contesto, l’azienda non può fare altro che mutare e adattarsi alle nuove sfide da cui dipende la salute dei propri lavoratori; essa deve diventare un luogo di ascolto e di supporto, oltre che di lavoro, e deve essere in grado di alleggerire dallo stress derivante da situazioni quotidiane quali ad esempio la scelta del mutuo, orientamento sulla pensione o il rientro al lavoro per le neomamme.
Non possiamo infine non fare riferimento al gap di genere, presente anche quando si parla di rischio burnout; nel 2017, un’indagine condotta in occasione della Giornata della Salute Mentale, rivelava che lo stress da lavoro colpisce maggiormente le donne rispetto ai colleghi maschi: fattori chiave consistono nel maggior impegno per la famiglia, azioni discriminatorie e barriere culturali che rendono la carriera femminile più difficoltosa e meno retribuita rispetto ai colleghi maschi.

Attualmente le aziende prestano sempre più attenzione a questo divario, ma c’è ancora molto lavoro da fare; le strategie possono essere molteplici, ad esempio si potrebbe misurare l’efficacia delle proprie policy utilizzando degli indicatori oggettivi i quali però non possono prescindere da un cambio di mentalità, che va raggiunto anche tramite appositi programmi di formazione e iniziative aziendali.

 

Articolo scritto da Volontario di Progetto Itaca Brescia

 

 

Fonti citate: VIII Rapporto Censis-Eudaimon, “Lavoro, aziende e benessere dei lavoratori: un’epoca nuova”, 21 Febbraio 2025Articolo “C’è un gap tra donne e uomini anche nel burnout” de Il Sole 24 ore, Autrice: Anna Zavaritt, 27 Gennaio 2022